Quello che segue potrebbe sembrare inappropriato con questo sito. Non lo è. Come autore penso di appartenere alla categoria delle persone che usano la comunicazione (scritta, verbale, recitata o disegnata) e in quanto membro, ho il diritto di trattare il soggetto.
Quando i guerriglieri dell’Isis spararono nel 2015 all’interno del giornale Charlie Hebdo ero all’estero. Seguii poco la cosa e non scrissi “je suis Charlie”. Non lo scrissi perché, da quel poco che potei vedere, questo giornale utilizzava il diritto di satira che io disapprovo.
Io penso che un diritto sia tale perché sostenuto dalla responsabilità di chi lo possiede. Un diritto non è sacrosanto e in una vera civiltà viene sospeso a chi ne abusa. Se un autista si ubriaca e provoca un incidente il suo diritto di guidare viene sospeso. Le vignette blasfeme nei confronti degli islamici, verso il Papa e verso Alain (il bambino morto un anno fa’ sulle spiagge per scappare ad una guerra che lui non aveva causato e su cui rimasi turbato per alcuni giorni) non hanno diritti. Il punto di demarcazione del diritto è limitato dalla responsabilità dell’effetto che si crea.
C’è poi il fattore della satira. Non sono d’accordo che questa sia coperta da diritto. Ci sono due modi di divertirsi. Compiacersi per le sventure altrui e sminuire qualcuno trovandone il lato comico oppure sorridere per la gioia che si crea intorno a se con delle attività sociali. Questa seconda è la gioia dei volontari che scavando tirano fuori un bimbo dalle macerie del terremoto, o la gioia predicata da Madre Teresa che affonda le sue radici nell’amore e non nell’odio o nella meschinità. Ora l’amico che prende in giro i membri di tutta la compagnia è il peggiore dei componenti: sta vivendo la sua gloria sulle sventure altrui. Il diritto a tale gloria non è divino, ma prende vita dai più bassi standard di vita. Provate a passare una serata divertendomi veramente con i vostri amici e provate a passare il vostro tempo con il burlone che altro non fa’ che prendere in giro quello o quell’altro: a fine sera il retrogusto del secondo è come il vino che sa’ di tappo.
Non ho bisogno di scrivere che non sono Charlie. Io che cambio canale quando la radio propone scherzi stupidi al telefono fatti a vecchietti. ( Cosa ci vuole a prendere in giro un anziano? Solo vigliaccheria.) Non ho bisogno di difendere Charlie. Non l’ho mai fatto entrare nella categoria dei giornali, dei distributori di cultura, ma piuttosto un estraneo corpo cancerogeno.
Nota: non metto nessuna delle vignetta di Charlie, ma foto di persone che hanno veramente utilizzato la loro comunicazione per divertire.