Ho completato di leggere l’ultimo romanzo di Joël Dicker: Il libro dei Baltimore.
Il romanzo di 583 pagine mi ha tenuto sveglio, incollato ad una trama così incredibile e scritta da chi ha un dono superiore. Scrivo anch’io, ma leggere questo ragazzo di 31 anni al suo terzo libro e terzo capolavoro mi fa’ pensare che Dio a volte ha elargito doni ad esseri speciali.
Il libro dei Baltimore non è soltanto una storia che fai fatica a lasciare, è un saggio sulla vita dove nessuno è veramente cattivo, malvagio e che se proprio devi trovare un colpevole nella vita, devi cercarlo nell’ambito delle idee errate, delle considerazioni superflue, delle emozioni negative.
“Molti hanno cercato di dare un senso alla propria vita, ma la nostra vita ha un senso solo se siamo capaci di raggiungere questi tre traguardi: amare, essere amati e saper perdonare. Il resto è tempo perso.”
Dicker riesce a donare saggezze di vita all’interno di una storia infinita, di una trama irresistibile fatta di ambizioni, gelosie, amore e tanta amicizia.
“Su non si abbatta piccolo Goldman. Tra vent’anni la gente non leggerà più. Questo poco ma sicuro. Saranno tutti troppo occupati a fare i cretini con i loro smartphone. Mi creda Goldman, l’editoria è morta. I figli dei suoi figli guarderanno i libri con la stessa curiosità con cui noi osserviamo i geroglifici dei faraoni. Le diranno: “Nonno a cosa servivano i libri?” E lei risponderà: ” A sognare o distruggere degli alberi, non me lo ricordo più”.
E se qualcuno sconfiggerà la previsione di Roy il produttore cinematografico fatta nel suo romanzo, saranno gli scrittori come lei Dicker, a cui io spedisco i miei complimenti.