400 Parole al giorno 17/28

Articolo 17 di 28

Formazione vincente, vincente con la formazione (prima parte)

Roberto D’Alessandro ha una ditta di installazioni di piccole dimensioni, un solo dipendente, Carlo, con lui da 10 anni e tanto lavoro fino a tarda ora. Il mercato è in ripresa ma recuperare gli anni della crisi non sembra sia facile. Roberto comunque è molto preparato nel suo settore e la città dove vive e lavora sta sperimentando una piccola rinascita economica. Per questo motivo si respira dell’ottimismo nell’area.

Quando il professore dell’istituto tecnico lo chiama un po’ disperato chiedendo se nelle settimane successive può integrare due studenti per un periodo di formazione con spese a carico della scuola, Roberto accetta. Glielo avessero chiesto tempo addietro non avrebbe saputo cosa fare con questi ragazzi, ma proprio in questi giorni sta ricevendo la conferma per un’offerta ad una gara per un ente pubblico. È un lavoro considerevole che potrebbe finalmente dare una svolta al fatturato.

Elia e Francesco si presentano il venerdì seguente al capannone con le loro scarpe antiinfortunistica nuove, il panino preparato dalla mamma e la faccia con alcuni brufoli tipici dell’adolescenza. Sono al terzo anno del tecnico. Roberto intanto ha ufficialmente vinto la gara e si appresta a ordinare il materiale, i due ragazzi quindi diventano manodopera aggiunta.

Per quella giornata vengono indirizzati a sistemare il magazzino e il materiale così che come prima cosa familiarizzino con l’ambiente lavorativo. Una volta sistemati i due studenti, mentre Carlo è a fare piccoli interventi manutentivi da alcuni clienti, Roberto rilegge il regolamento della gara vinta all’interno dell’Ospedale dove verranno fatti i lavori. Approfondendo alcuni termini si rende conto di non aver notato i tempi di consegna e soprattutto le penalità collegate in caso di mancanza. Mentre da una parte è comprensibile che ci siano, una settimana di ritardo comporterebbe il prosciugamento di buona parte del suo utile. Considerando che Carlo è sempre stato un ottimo collaboratore, i tempi richiesti tutto sommato possono essere facilmente rispettati. Nel pomeriggio prende con sé i ragazzi ed inizia a verificare il loro livello di competenza.

Non si trattava di un test, è che Roberto adorava i ragazzi e il loro entusiasmo e nel tempo aveva sempre evitato il bullismo e i vecchi preconcetti sul fatto che i giovani non hanno voglia di lavorare. Roberto dedicava del tempo mostrando loro come doveva essere fatto un lavoro, poi gli faceva fare prove sull’installazione di collegamenti di rete, visione di apparecchiature per test, tutte cose di cui a scuola i ragazzi avevano a malapena sentito parlare.

400 Parole al giorno 16/28

Articolo 16 di 28

Chiacchiere in ufficio (quarta ed ultima parte)

“Ci sono persone più forti che risultano molto inattaccabili alle pressioni della loro intimità, ma ci sono anche persone deboli che devono essere tutelate e protette. Una donna affetta da HIV perché è stata contagiata mentre faceva l’infermiera, oltre alla sua situazione patologica, potrebbe essere vittima di fraintendimento sulla sua vita sessuale da parte di qualche ignorante. Ed ecco che trova una scritta sul palazzo che dice: “È quello che ti meriti puntini puntini”.

“Penso sempre che la libertà comporti delle responsabilità e la responsabilità di chi ha la necessità di custodire i dati per la propria attività deve andare di pari passo per il possibile danno che costituirebbe la violazione di queste informazioni. Noi abbiamo acquisito dei dati e la fiducia a noi concessa va di pari passo con la cura con cui custodiamo tali informazioni”. 

“Anna ma hai veramente raccolto queste informazioni in un paio di minuti?” chiese Piero sempre stupito dalla capacità della sua collega di assorbire dati.

“No, sono onesta, li ho guardati ieri sapendo che sarò coinvolta dal capo come tutte le volte che ha bisogno di informazioni necessarie per prendere decisioni. Tra una sbirciata alle tue foto mentre non c’eri e un caffè ho visionato un po’ di siti” disse mentre puliva la sua scrivania dalle briciole e dispensava un occhiolino di intesa a Luca.

“Come le foto!? ma le hai guardate davvero?”

“No Piero, non lo avrei mai fatto, ma dovresti salvaguardare appunto la tua privacy e mettere la password sul tuo pc. Se sei negligente verso la tua privacy, qualcuno potrebbe immaginare che tu lo sia anche verso i dati a te affidati.”

L’idea del racconto sopra parte da alcuni passaggi del libro “Educare alla rete, l’alfabeto della nuova cittadinanza nella scuola digitale” dove il Presidente del Garante Antonello Soro ha dichiarato quanto segue che riporto e condivido. In una società che compra e vende informazioni e fa diventare merce la stessa persona alla quale si riferiscono i dati, la tutela della privacy diventa sempre più una questione di libertà. Si tratta di valori fondamentali che devono in primo luogo essere trasmessi ai giovani – i cosiddetti “nativi digitali” – che più di altri possiedono le capacità per accedere e sfruttare in modo sempre più dinamico le opportunità offerte dalla società digitale. Usano computer, smartphone e tablet come pratiche abituali per comunicare con i coetanei, accedere alle informazioni, auto esporsi aggiornando continuamente i propri status, postando commenti, pubblicando foto o video ed immettendo on-line una quantità impressionante di dati personali che rivelano pensieri, emozioni, abitudini, amicizie.

Occorre invertire la rotta ed evitare che i giovani siano sfruttati e percepiti soltanto come consumatori passivi di tecnologia, incoraggiandoli a comprendere i principi fondamentali e, soprattutto, i rischi (sempre più invisibili) che si corrono. Così come non lasciamo cartelli per avvertire i ladri dell’assenza da casa, allo stesso modo dovremmo imparare ad evitare di lasciare minuziosi dettagli sui nostri spostamenti sui social network; così come ci hanno insegnato a non dare confidenza agli sconosciuti, egualmente dovremmo evitare di inserire i dettagli delle nostre vite, soprattutto se intimi, su Internet. La scuola potrebbe svolgere un ruolo di primo piano, prevedendo specifici progetti educativi nell’ambito dei programmi scolastici che insegnino ai giovani il modo di confrontarsi costruttivamente con le nuove forme espressive offerte dalla Rete, al fine di promuovere una gestione consapevole di tutti gli aspetti della propria vita che vengono consegnati al mondo on-line.

400 Parole al giorno 15/28

Articolo 15 di 28

Chiacchiere in ufficio (terza parte)

Del resto, già dal parrucchiere puoi avere tutti gli aggiornamenti che servono su cosa succede in paese” aggiunse ridendo.

“Penso che stiamo mancando il punto principale” disse finalmente Anna al completamento della sua consultazione veloce al web e della sua fetta di torta alla quale non era riuscita a sottrarsi.

“L’intimità (che è la traduzione italiana di privacy) è sì la parte intima dei rapporti, ma è anche la condizione di sentirsi liberi di parlare come uno fa a casa propria o con persone di sua fiducia. In aggiunta, nel concetto di intimo ci sono anche quelle parti, sensazioni e idee della persona, che come tu Luca hai tirato in ballo fanno parte della confessione. Il punto di questa intimità è come essa viene utilizzata. Facciamo l’esempio che il mio ministro di culto usi questi dati per indirizzarmi a sentirmi meglio, o che il mio medico usi questi dati per salvaguardare la mia salute. Questo non è materia di privacy. Se l’intento è quello di utilizzare i dati per il bene della persona invadere la sua privacy è lecito. Se l’intento non è volto all’interesse della persona, sapere i suoi dati più intimi costituisce un danno notevole. Il gestore della salumeria sotto casa mia sa che mi piace il lardo di colonnata e mi avvisa per farmi sapere quando arriverà. Lui, custode di una piccola e superficiale informazione la utilizza per farmi un favore, per il mio interesse. Questo suo infrangere la mia sfera di tranquillità è lecito e quasi piacevole. Ma se il venditore rampante di appartamenti è informato dal farmacista che tua moglie aspetta un figlio perché le ha venduto il kit per la maternità, e il venditore dopo poche ore dal test le propone un appartamento più grande per il nuovo arrivato, prima ancora che lei abbia avuto la possibilità di parlartene, la sfera di intimità è violata e anche la sua sensazione di libertà è violata.”

“Se io Piero guardassi le tue foto personali sul tuo pc senza la tua autorizzazione, per quanto tu possa essere un libro aperto, la cosa ti infastidirebbe, e questo renderebbe il tuo vivere in ufficio meno gradevole se fosse regola normale che le tue foto potessero essere viste da chiunque.”

“Beh mi arrabbierei molto”, disse Piero guardando lo schermo del suo computer e buttando quasi per caso l’occhio sulla cartella che conteneva le immagini, rendendosi conto in quel momento che non essendoci nessuna password, queste avrebbero potuto essere alla mercé di chiunque.

400 Parole al giorno 14/28

Articolo 14 di 28

Chiacchiere in ufficio (seconda parte)

“Beh, forse hai ragione ma le multe sono veramente salate se viene un ispezione e trova qualcosa che non va” fu la risposta di Luca che si distingueva sempre per la preoccupazione per la ditta.

Era parte di lui e non lo faceva per essere considerato un “leccapiedi” ma perché pensava che il benessere della ditta fosse importante quanto il proprio. “Le multe le prende in ogni caso se un ispezione arriva” disse Piero con la bocca ancora piena.

Anna aveva cambiato velocemente la sua schermata e si era lanciata in una googlata e aveva rimediato subito una serie di informazioni. Era la sua specialità la googlata. Il capo chiedeva dei dati relativi ad una regione, ad una persona, azienda o altro e lei in un batti baleno riusciva a trovare quello che serviva. E solo quello indispensabile.

“Non è solo una questione del fatto che tu sia ripreso durante la tua seduta al bar con un’amica. Si tratta di preservare la tua intimità.”

“Ma perché tutto questo stress relativo all’intimità? E che cavolo! Capisco che potrei anche passare per un adultero, ma ripeto, se non ho nulla di cui vergognarmi o da nascondere, alla fine chissenefrega.”

“Tutte queste informazioni riservate in effetti creano una barriera a volte pedante che viene superata con una serie di firme. Io dal dentista ogni volta che mi siedo mi fa firmare qualcosa” aggiunse Luca. Anna proseguì la sua lettura mentre decideva se dovesse lasciarsi tentare da un’altra fetta di torta che, come avevano sostenuto i colleghi, era proprio buona.

“Penso poi a tutti i dottori che devono avere informazioni per quanto riguarda i pazienti. È indispensabile che loro sappiano e a volte la velocità di informazione può anche salvare un paziente. Mi raccontarono di un dottore del pronto soccorso che scoperto il medico di base di un paziente che era collassato inspiegabilmente, lo contattò e scopri informazioni che gli permisero di salvare l’uomo. Se il medico di base si fosse appellato alla normativa, il segreto sarebbe stato custodito anche nella tomba. Il paziente prendeva del Viagra ad insaputa della moglie” affermò Piero contento di essersi ricordato questa vicenda letta mesi prima sul giornale e di aver fatto una bella figura.

“Io mi confesso regolarmente” disse Luca “ma non penso che il mio parroco sia soggetto alla privacy. Eppure, potrebbe essere a contatto con una serie di intimità del paese che … potrebbero diventare veramente appetibili per le riviste scandalistiche”.

400 Parole al giorno 13/28

Articolo 13 di 28

Chiacchiere in ufficio (prima parte)

La ditta era un piccolo fiore all’occhiello di quella che definiremo un’impresa provinciale dalla valenza internazionale. Con la sua produzione di particolari meccanici di precisione per l’industria chimica, l’azienda aveva velocemente conquistato la sua fetta di mercato con merito. La storia del successo era semplice: un proprietario con una idea e una preparazione ingegneristica notevole e un paio di figli con capacità commerciali e conoscenza delle lingue. In un ventennio la piccola attività era ora diventata una realtà invidiabile.

Nell’ufficio la noia la faceva da padrona nella settimana dopo le ferie. Il lavoro era ripreso, ma come sempre gli ultimi giorni di agosto erano dedicati a sistemare gli arretrati, prepararsi per settembre e piano piano perdere quella modalità vacanziera che ognuno, sia che fosse andato al mare o che fosse rimasto in campagna, aveva inevitabilmente assunto durante il mese del Ferragosto. Del resto, era forse meglio annoiarsi un po’ piuttosto che fare fronte alla frenesia che iniziava i primi giorni di settembre dove i telefoni non cessavano un attimo di squillare e le richieste aumentavano di volume come il bianco delle uova sbattute della torta che Anna aveva portato in ufficio per festeggiare il suo compleanno avvenuto il giorno prima.

“La settimana prossima arriverà anche il consulente della Privacy per la periodica verifica all’interno dell’azienda” disse Luca che stava sfogliando il suo calendario per prendere vantaggio della vera ripresa del lavoro che sarebbe arrivato. Piero mangiava con piacere la sua fetta di torta mentre inseriva i dati dei clienti che sarebbero tornati utili ai commerciali, ma non poté nascondere sulla sua faccia una allusiva contrarietà sul soggetto.

Deglutì il pezzetto di dolce che aveva in bocca e disse: “esiste una legge più inutile?” lanciando ai presenti quel tono di chiaro invito alla chiacchiera che poteva essere fatta quando c’erano momenti calmi come quel giorno. Era un invito allettante, perché a differenza di altri soggetti tipo il calcio che escludeva Anna, o la dieta che escludeva lui come il collega Luca, o il tempo che coinvolgeva tutti ma era oramai abusato, il soggetto della “privacy” non era mai stato toccato.

“Che problema c’è se mi riprendono a bere un caffè con un’altra donna? Se non ho niente da nascondere ed è soltanto un’amica non devo mica nascondermi.” Disse convinto prima di addentare un’altra fetta di torta.

Bullismo e Cyberbullismo

I soggetti sopra risultano di grande interesse sia per richiesta diretta, che per i dati di ricerca su google.

In qualità di autore ho trattato l’argomento in un capitolo di un libro sul soggetto della Privacy che sta venendo, proprio in questi giorni, pubblicato a 400 parole al giorno. Ho pensato che pubblicare il capitolo in questione fosse buona cosa. Se uno scritto può aiutare e confortare, la cosa mi da molte soddisfazioni come autore.

Roberto D’Alessandro ha una ditta di installazioni di piccole dimensioni, un solo dipendente, Carlo, con lui da 10 anni   e tanto lavoro fino a tarda ora. Il mercato è in ripresa ma recuperare gli anni della crisi non sembra sia facile. Roberto comunque è molto preparato nel suo settore e la città dove vive e lavora sta sperimentando una piccola rinascita economica. Per questo motivo si respira   dell’ottimismo nell’area. Quando il professore dell’istituto tecnico lo chiama un po’ disperato chiedendo se nelle settimane successive può integrare due studenti per un periodo di formazione con spese a carico della scuola, Roberto accetta. Glielo avessero chiesto tempo addietro non avrebbe saputo cosa fare con questi ragazzi, ma proprio in questi giorni sta ricevendo la conferma per un offerta ad una gara per un ente pubblico. È un lavoro considerevole che potrebbe finalmente dare una svolta al fatturato.

Elia e Francesco si presentano il venerdì seguente al capannone con le loro scarpe antiinfortunistica nuove, il panino preparato dalla mamma e la faccia con alcuni brufoli tipici dell’adolescenza.  Sono al terzo anno del tecnico.  Roberto intanto ha ufficialmente vinto la gara e si appresta a ordinare il materiale, i due ragazzi quindi diventano manodopera aggiunta.  Per quella giornata vengono indirizzati a sistemare il magazzino e il materiale così che come prima cosa familiarizzino con l’ambiente lavorativo.

Una volta sistemati i due studenti, mentre Carlo è a fare piccoli interventi manutentivi da alcuni clienti, Roberto rilegge il regolamento della gara vinta all’interno dell’Ospedale dove verranno fatti i lavori. Approfondendo alcuni termini si rende conto di non aver notato i tempi di consegna e soprattutto le penalità collegate in caso di mancanza. Mentre da una parte è comprensibile che ci siano, una settimana di ritardo comporterebbe il prosciugamento di buona parte del suo utile. Considerando che Carlo è sempre stato un ottimo collaboratore, i tempi richiesti tutto sommato possono essere facilmente rispettati.

Nel pomeriggio prende con sé i ragazzi ed inizia a verificare il loro livello di competenza. Non si trattava di un test, è che Roberto adorava i ragazzi e il loro entusiasmo e nel tempo aveva sempre evitato il bullismo e i vecchi preconcetti sul fatto che i giovani non hanno voglia di lavorare. Roberto dedicava del tempo mostrando loro come doveva essere fatto un lavoro, poi gli faceva fare prove sull’installazione di collegamenti di rete, visione di apparecchiature per test, tutte cose di cui a scuola i ragazzi avevano a malapena sentito parlare. Sapeva che l’apprendistato era un punto focale nella loro formazione. Passavano dalla semplice teoria al vedere che le cose funzionavano, si accendevano, e trasmettevano. Era una passaggio che Roberto amava seguire perché non si era mai persuaso del fatto che le persone non amino lavorare. Era invece convinto che se sapevano cosa fare, come farlo e perché lo facevano, la loro partecipazione e rendimento sarebbe stato certamente superiore.

Sapeva queste cose per esperienza perché in parte le aveva vissute e se non fosse stato per la sua curiosità e interesse nel conoscere, lui stesso sarebbe rimasto vittima dei preconcetti. Il suo primo datore di lavoro lo avrebbe tenuto a pulire uffici e raccogliere ferri per mesi senza effettivamente insegnargli nulla. Lui invece di nascosto installava, smontava e disfaceva tutto ciò che riusciva, a volte rischiando per la mancanza di un supervisore o di una persona più esperta, come la volta che entrato in una cabina di alta tensione per “vedere” cosa si stesse facendo e per un pelo non era rimasto fulminato per l’incorretto uso dei sistemi di protezione personale.

Con Elia e Francesco iniziò a chiedere loro cosa avessero capito delle reti Lan e del cablaggio, della messa a terra o della polarità che avevano studiato a scuola rendendosi immediatamente conto, come era successo altre volte, che nella scuola odierna mancava all’interno dell’insegnamento la cultura della trasmissione. I ragazzi anche se volenterosi venivano bloccati da teorie e concetti che non riuscivano ad assorbire per la mancanza di esperienza da parte degli insegnanti che avevano un solo sistema per ottenere risultati: la minaccia del voto.  Roberto invece riusciva a trasmettere ai ragazzi alcuni concetti di elettronica e di informatica che assorbivano velocemente. Era come se sapesse cosa mancava ai ragazzi per afferrare il soggetto, una specie di abilità nascosta di cui non si era mai vantato, ma di cui aveva gioito vedendo poi l’entusiasmo sui volti degli studenti che si formavano presso di lui. Si può vedere un netto cambiamento di illuminazione sul volto di un ragazzo che comprende cose che prima erano per lui un mistero. Era luce vera, quella della comprensione, e lo studente del momento la sperimentava dopo che aveva parlato con lui per qualche ora. E così stava facendo con Elia e Francesco.  Roberto bilanciava saggiamente la teoria con la pratica e mostrava i connettori, apparecchiature, installazioni di antifurto sul proprio telefonino e anche pratica di lavoro, chiedendogli poi di fare pratica con   piccole attività preparative che sarebbero tornate utili sui cantieri facendogli risparmiare del tempo.

Mentre spiegava ne approfittò per sistemare il materiale per il grosso cantiere e mostrò loro dei connettori: “la ragione per cui questo cavo è fatto così dipende dalle interferenze che deve in qualche modo smorzare. Le trasmissioni viaggiano in due direzioni, verso e da. Queste due usano una coppia diversa del cavo…  Vedete !?”  I due ragazzi ascoltavano attenti perché nel suo spiegare Roberto era semplice e appassionato e gli ascoltatori non avevano difficoltà ad apprendere. Li mise poi in azione, spiegò loro come fare i connettori e glieli fece assemblare, poi per fare una sorta di test di abilità, indisse una gara tra i due per vedere chi li faceva meglio. I ragazzi si misero all’opera divertendosi al punto che nessuno dei due guardò l’ora. Roberto se ne accorse e vide che erano andati ben oltre l’orario accordato con la scuola e disse ai ragazzi che per quel giorno avevano finito. Elia e Francesco però vollero rimanere per aiutarlo a caricare il materiale che sarebbe servito nel cantiere la settimana seguente.   

Il fine settimana passò velocemente e Roberto pronto fin dalle prime ore dell’alba di lunedì riverificò materiale, i documenti di autorizzazione per entrare in cantiere e le copie delle carte di identità. Arrivarono i ragazzi ai quali offrì il caffè Nespresso, utile investimento dell’anno prima. Non aveva avuto però nessuna notizia da Carlo e la cosa era strana perché il suo dipendente non era quasi mai in ritardo e le volte che era successo lo aveva sempre avvertito anche con un semplice messaggio. Roberto decise di aspettare. Alle sette e trenta iniziò a telefonare a Carlo e continuò a provare per mezz’ora senza ricevere risposta.  Iniziava ad essere preoccupato, spaventato per questo ritardo e arrabbiato per il comportamento di Carlo. Gli venne in mente che su un’agenda cartacea aveva segnato il numero di casa della madre di Carlo. Lo compose subito. “Buongiorno Giovanna, mi scuso per il disturbo ma non riesco a contattare Carlo e sono leggermente preoccupato per il suo ritardo”.  “Oh Roberto, quasi me ne dimenticavo. Carlo mi ha chiesto di chiamarla ma nella confusione mi sono dimenticata, ieri sera tardi è stato ricoverato per una appendicectomia. Mentre lo portavano via mi ha chiesto di avvisarla, ma siamo stati tutti colti alla sprovvista, io mi sono scordata di telefonare e la sua compagna di fatto è rimasta accanto a lui. Il cellulare nella fretta sarà rimasto a casa. Mi scuso ancora Roberto.”

Roberto sentì una goccia si sudore freddo colare lungo la schiena, non era preoccupato per il suo dipendente, di fatto una appendicectomia non era cosa grave, poteva essere dolorosa ma di certo non pericolosa. Gli dispiaceva, questo sì ma in quel momento era preoccupato per il ritardo che questo inconveniente avrebbe comportato sul lavoro.  Anche se Carlo fosse uscito dall’ospedale in tempi brevi, avrebbe dovuto passare qualche giorno di convalescenza a casa, conoscendolo si sarebbe presentato al lavoro il giorno dopo le dimissioni ma Roberto lo avrebbe rispedito a riposo, quindi i tempi non sarebbero stati così brevi per un ritorno di Carlo.  

Decise di partire perché la destinazione era la stessa: l’ospedale era il posto dove avrebbe dovuto lavorare ed era il posto dove Carlo era ricoverato. Passati i controlli del cantiere posteggiò il furgone e prese posizione del locale assegnato per il materiale, chiese ai ragazzi di aspettarlo e si precipitò da Carlo.

Lo trovò sveglio dopo l’operazione e come lui preoccupato del lavoro, anche Carlo era perfettamente consapevole che il tutto sarebbe stato rallentato dalla sua mancanza. Roberto gli disse, mentendo, che aveva già trovato la soluzione e che tutto sarebbe andato per il meglio. Gli consigliò di riposarsi ora che poteva e di rimettersi in gran forma senza preoccuparsi. Lo avrebbe tenuto aggiornato molto spesso visto che si trovava nel padiglione in costruzione distante solo qualche centinaia di metri.

Mentre faceva ritorno al luogo dove aveva lasciato furgone e ragazzi, Roberto cominciò ad elencare colleghi che avrebbero potuto aiutarlo. Significava un aumento dei costi ma diversamente avrebbe rischiato di sforare le date di consegna incorrendo nelle penalità relative. Arrivato al furgone lo trovò vuoto, non c’erano i due ragazzi e non c’era neppure il materiale. Ci mancava solo questo! Non ebbe il tempo di pensare che Francesco ed Elia apparvero al suo fianco. Entrambi parlottavano. “Ragazzi dove eravate finiti? Dov’è il materiale?” “Signor Roberto lo abbiamo scaricato e sistemato nel locale a lei destinato” rispose Francesco. “Abbiamo lasciato il cavo e le attrezzature davanti perché abbiamo immaginato che fossero le cose che servissero per prime”.  Sagaci i due ragazzi e … che velocità. Gli balenò un’idea improvvisa: e se avesse fatto il lavoro con loro?  Poteva lasciarli uscire all’orario stabilito e rimanere lui più a lungo perché in qualità di tirocinanti non poteva richiedere loro degli straordinari, però poteva provarci e vedere come fare il lavoro.

I ragazzi si erano dimostrati svegli e pronti a lavorare. Presero posizione al piano di lavoro e la piantina della disposizione degli impianti venne appesa alla parete. Roberto spiegò come avrebbero dovuto disporre il cablaggio, i passaggi e i trucchi etc. I ragazzi iniziarono e presto si rese conto che con il loro entusiasmo le cose viaggiavano più velocemente di quanto lui riuscisse a seguirle. I due tirocinanti correvano, saltavano sulle scale e giù dalle scale con quell’energia propria degli adolescenti. Per loro era un gioco e una sfida. Avevano capito ciò che era successo e il fatto che Roberto doveva completare il lavoro entro un certo tempo, bene, lo avrebbero aiutato, bastava prendere la cosa come un gioco con la scommessa che ce l’avrebbero fatta.   Roberto si trovò presto a stare più attento al fatto che i ragazzi, guidati dal loro entusiasmo, non trascurassero la sicurezza, che usassero correttamente le scale, che mettessero il caschetto in plastica anche se non andavano in alto e i guanti che sebbene siano scomodi e fanno lavorare più lentamente, proteggono le mani. 

A fine giornata quando tirò le somme si rese conto di aver realizzato il doppio del lavoro che aveva programmato di fare con Carlo. I ragazzi per niente affaticati dovettero essere convinti che la giornata lavorativa era finita ma che il giorno dopo li aspettava un’altra sfida.

Il giorno seguente si trovarono di nuovo in ufficio per cominciare la giornata. Francesco era tranquillo mentre masticava il suo chewing gum alla fragola. Elia invece appariva leggermente spento. Arrivati sul posto di lavoro iniziarono le attività da dove erano state sospese, ma la velocità tra i due era cambiata. Elia era lento, svogliato e l’entusiasmo del giorno precedente era svanito. Roberto lo notò e in un primo momento pensò che l’eccitazione della novità si era esaurito. Poi però ripensò che era stato proprio Elia il giorno precedente a prendere la maggior parte delle iniziative. Doveva essere successo qualcosa. Alla prima pausa caffè con una scusa riuscì a rimanere da solo con Elia al quale domandò con molta attenzione per non essere frainteso, cosa fosse successo. “Niente” disse, ma la sua espressione lo tradiva e mostrava un grande turbamento. “Posso richiederti se qualcosa è successo o qualcosa ti ha turbato? Ho fatto qualcosa io che in qualche modo ti ha colpito?  Elia scoppiò e disse che Roberto non c’entrava nulla. “A me piace quello che facciamo, ieri mi sono divertito molto a lavorare e sapere di aver aiutato anche mentre Carlo è ricoverato lo sento come una cosa buona, ma …”

“Ma?!”

“Sono stato preso in giro!”

“Da chi, come? chiese Roberto un po’ confuso.

“Ieri abbiamo fatto più foto mentre lavoravamo sulle scale mentre realizzavamo la parte che io consideravo una vera sfida.” Disse lasciando la frase in sospeso. “Eh?”

“Un amico ha commentato le mie foto sul social e ha attirato l’attenzione di un sacco di persone che si sono sentite in dovere di offendere e denigrare ciò che stavo facendo, mi hanno dato dell’operaio e del leccapiedi.”

“Penso che ci sia un inesattezza in quello che dici: non poteva essere un tuo amico se si è permesso di invalidare la tua giornata lavorativa, di certo non vale la pena pensarci ed essere di cattivo umore per questo”.

“Lo so però tutti quei like …”

“Facciamo così, questi sono 200 euro, fatti una foto e scrivi che questo è un anticipo di un grosso bonus che l’installatore per cui lavori ha intenzione di darti se si rispettano i tempi.  E sappi che io ho veramente intenzione di darvi un bonus, ma in cambio mi devi promettere che toglierai dalla lista di amici quello che ha offeso la tua voglia di fare bene.”

“Davvero!! Certo che lo tolgo. Corro a dirlo a Francesco”. 

Tenendo questa base operativa Roberto riuscì a consegnare in tempo il lavoro. Francesco ed Elia furono premiati con un bonus in soldi con cui si sarebbero potuti fare le vacanze estive e tornarono al loro istituto professionale con un’esperienza ed un bagaglio culturale che impressionò i professori. Carlo si riprese perfettamente e rimase entusiasta per come erano andate le cose.  

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Uno dei temi caldi trattato e protetto dal Garante della Privacy è il Cyberbullismo, che in questa epoca moderna d’impatto social mediatico sta procurando effetti molto maggiori di quelli prodotti dal bullismo o dalla prevaricazione adolescenziale da sempre esistiti. La facilità di divulgazione e la quantità di persone raggiunte in modo subdolo da affermazioni che violino la privacy dell’adolescente possono creare un impatto emotivo non da poco. In aggiunta, depositati sui social possono esserci dati e relazioni intime che se violate possono creare turbamento.

La legge (n. 71 del 29 maggio 2017 art., comma 2) descrive il Cyberbullismo come:  

Ai fini della presente legge, per «cyberbullismo» si intende qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo.

400 Parole al giorno 12/28

Articolo 12 di 28

Il giornalista perduto (sesta ed ultima parte)

“Capisco Roberto e ci dispiace. Come vede la sua intimità è stata violata e in questo modo lei ha potuto essere ricattato. Riesce ora a capire quanto la libertà di privacy sia importante?”

“Sì signore” fu la risposta di Roberto, turbato ma libero dal suo peso. Ora legga il trafiletto scritto sulla sua morte che uscirà domani sul giornale per il quale ha lavorato ultimamente”. 

Titolo: Redattore del Cronacainfame trovato morto.

Sottotitolo: gli eccessi la causa primaria riscontrata dal medico legale.

Il corpo privo di vita di Roberto Franco Rigamonti è stato trovato nel suo appartamento dal collega e capo redattore nonché caro amico Malcom Riva. Il giornalista era atteso alla sede del giornale per la consueta giornata di lavoro ma non vedendolo arrivare il capo redattore ha deciso di verificare di persona cosa stesse accadendo. Non ricevendo risposta una volta giunto all’appartamento, Malcom e altri due colleghi hanno forzato la porta e una volta entrati hanno potuto solo constatare la morte del giornalista molto apprezzato per la sua penna violenta e senza scrupoli che da tempo esaltava i fan del giornale. Il medico legale ha stabilito che Rigamonti è morto in seguito ad un infarto causato sicuramente dagli stravizi a cui era avvezzo. Acerrimo nemico della frangia politica attualmente al potere Roberto si è sempre fatto riconoscere per la sua libera scrittura e per la sua vita fatta di eccessi trascorsa al famoso locale di spogliarelliste Creme Caramel.

I colleghi sentiranno la sua mancanza.

Roberto con il volto coperto di lacrime alzò lo sguardo dallo scritto che gli era stato fornito.

“Roberto, riscriva quell’articolo sistemandone la privacy. Penso che ora lei abbia capito il punto. Ad onore di cronaca sappia che la donna che lei amava e di cui si fidava era in combutta con il marito che era il burattinaio di tutti i politici che lei stava inseguendo. Lei è stato manipolato a dovere. Mi spiace ma forse si sentirà meno colpevole.”

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La problematica del diritto alla privacy verso il diritto di cronaca è trattata in modo capillare e delicato. È forse nata con il diritto di cronaca visto che il primo a portarlo all’attenzione su una rivista specializzata nel settore legale, fu l’avvocato Samuel Warren, nel lontano 1890 a Boston. Nel libro Privacy e giornalismo edito dal Garante e curato da Mauro Paissan, ci sono dei passaggi che hanno dato origine alla fantasiosa novella sopra.

Li riportiamo. Se si riflette sui casi analizzati, ci si avvede che siamo di fronte a situazioni che toccano nel profondo la persona e la sua dignità, dunque un valore che non può essere impunemente sacrificato a nessun altro. Il diritto di informazione ha il suo fondamento nella libertà di manifestazione del pensiero, nella libertà di comunicazione, e non può, quindi, essere considerato come se si trattasse di un interesse prevalentemente del giornalista. La sua ragione si trova piuttosto nel diritto di sapere dei cittadini, nella trasparenza che deve caratterizzare ogni sistema democratico. Ma libertà di comunicazione, diritto di sapere, trasparenza non possono mai cancellare il bisogno di intimità, l’esigenza di “ritirarsi dietro le quinte”, soprattutto il diritto di costruire liberamente la propria sfera privata, di sviluppare liberamente la personalità, di veder comunque rispettata la propria dignità.

400 Parole al giorno 11/28

Articolo 11 di 28

Il giornalista perduto (quinta parte)

“La dignità è seconda al diritto di cronaca secondo me Signore. Non ho dubbi su quello che sto dicendo e penso che il diritto alla dignità sia una bella scusa per impedire alle persone di sapere” disse lapidario Roberto.

Il vecchio prese le parole con un cenno come a voler calmare le acque che in quel luogo non potevano essere agitate.

“Roberto, posso chiamarla Roberto? Quando ha perso la sua dignità? Quale evento nella sua vita recente appena conclusa le ha fatto smarrire questo punto nella sua persona?”

La domanda colpì Roberto. Forse il luogo, forse la situazione nuova, ma ciò che il vecchio gli aveva chiesto portò la sua attenzione su un episodio il cui ricordo era stato da lungo tempo seppellito.

“Cosa mi sta chiedendo?” disse con voce quasi impercettibile.

“Sono interessato a capire quando le è successo di aver smarrito questo diritto che sembra poco importante per lei.” 

Roberto cominciò a tremare. Il ricordo si faceva sempre più chiaro nella sua mente e la sua necessità di parlarne irrefrenabile. “Ero al Veritàsempre! e credevo in quello che facevo. Avevo cominciato a frequentare una donna sposata che infelice della sua relazione con il marito, un ricco imprenditore della città, era caduta tra le mie braccia. Era un amore impossibile, ma non per questo meno bello. Avevamo in programma di sistemare le cose, lei voleva separarsi. In quel periodo stavamo seguendo una pista di corruzione su un grosso appalto e riguardante una grossa porzione dei politici della città, sarebbe risultato in uno scandalo di proporzioni enormi e avrebbe portato a galla altro torbido. Avevamo molte informazioni ma non una certezza tale che potesse permetterci di pubblicare una serie di articoli di denuncia. Lavorando duramente trovai la mia “gola profonda” che mi fornì delle evidenze indiscutibili. Quella sera mi recai a festeggiare prima di dedicarmi al numero che sarebbe uscito nel fine settimana e che avrebbe denunciato tutti i componenti della fraudolenta gara di appalto per milioni di euro. Venni avvicinato da un tipo molto elegante, ma losco nel trattare. Mi disse che era in possesso di foto compromettenti che ritraevano me ed Elena, la donna di cui vi ho accennato. Disse che avrebbe volentieri consegnato foto e negativi ad una terza parte se io avessi fatto lo stesso con le prove in mio possesso. Non ebbi scampo e cedetti al ricatto. Tutta l’inchiesta si sciolse come neve al sole ed io, avendo perduto la mia dignità, mi licenziai e persi tutti i contatti con il mondo giornalistico che tanto avevo coltivato. Avevo bisogno di un lavoro e sapevo fare solo il giornalista, mi recai quindi al Cronacainfame e cominciai a professare quel giornalismo da urlo che tanto avevo biasimato tempo addietro. Inutile dire che ciò di cui mi occupavo non mi desse soddisfazione, iniziai a bere e tanto anche, il resto lo potete vedere, eccomi qui, morto per un infarto causato da una vita di eccessi che avevo scelto di fare per sfuggire alla vergogna”.

400 Parole al giorno 10/28

Articolo 10 di 28

Il giornalista perduto (quarta parte)

“Signor Rigamonti si calmi. Non è un processo ma una constatazione di possibile infrazione. In ogni caso dove pensa che finisca il diritto di cronaca ed inizi il diritto alla privacy? Qual è la linea di demarcazione tra questi due diritti fondamentali?” chiese il secondo dei due.

Roberto non aveva mai compreso la privacy e ricordava le litigate con il consulente e l’avvocato del giornale. Al diavolo, le persone dovevano sapere pensò. Non si sarebbe fatto incastrare da questa messinscena. “Signore, mi spiace ma non credo che la sua linea di demarcazione sia un punto in discussione nella libera stampa.”

“Mio caro” incalzò il vecchio “quello che lei sostiene è molto pericoloso. Come il diritto di cronaca e di denuncia, aggiungo, determinano lo stato di libertà di un paese, anche il diritto alla privacy lo fa. Come sarebbe un paese se i suoi membri fossero preoccupati della possibile violazione della loro dignità? La libera stampa ha difeso i deboli dalle oppressioni dei più forti; che senso avrebbe allora se questo strumento andasse a violare la privacy e la dignità dei deboli che potrebbero essere a disagio per le proprie scelte di vita? La linea di demarcazione non è semplice ma esiste, è necessaria e deve essere conosciuta.”

“Beh, uno non dovrebbe essere preoccupato per le sue attività sessuali se queste fossero appropriate e non dovrebbe temere per le proprie scelte religiose”.

A questo punto intervenne il più giovane che Roberto cominciava a pensare essere non una seconda linea ma un vero e proprio tarlo: “Rigamonti, la dignità delle persone come la libertà di espressione va difesa nei più deboli. Lei sa bene che una persona di carattere non si farebbe mettere i piedi in testa da nessuno ed esprimerebbe le sue idee come lei fa. Ma una persona debole verrebbe colpita se la società civile non ponesse un limite invalicabile per la sua intimità. Non ci può essere un paese civile se tutti i suoi membri non si sentissero in grado di esporre le proprie idee e sapessero che la propria dignità non è altrettanto protetta.” 

“La perdita del diritto di intimità, privacy appunto, non può essere impunemente violato per un altro diritto.”

“La dignità è seconda al diritto di cronaca secondo me Signore. Non ho dubbi su quello che sto dicendo e penso che il diritto alla dignità sia una bella scusa per impedire alle persone di sapere” disse lapidario Roberto.

400 Parole al giorno 9/28

Articolo 9 di 28

Il giornalista perduto (terza parte)

I membri, non sempre gli stessi, conoscono il soggetto e possono valutare obbiettivamente l’operato di un addetto stampa quale lei è. È una sorta di cura che hanno alcune categorie selezionate. Questo non costituisce una agevolazione ma semplicemente la possibilità di una corretta valutazione.” “Beh allora saprete che è normale che un giornalista abbia delle idee politiche e faccia il tifo per un partito piuttosto che per un altro?” disse Roberto convinto della sua difesa.

Il secondo personaggio fino ad allora in silenzio disse: “Sì, anche se volendo essere fiscali non è proprio corretto. Ma vede, la commissione non si sostituisce ad una deontologica come quella presente sulla terra. No, qui vediamo se ci sono dei peccati, delle azioni che hanno creato un danno profondo. Un danno profondo è un omicidio o un furto che ha cambiato la vita di qualcuno perché ha causato a quella persona qualcosa di irrimediabile. Se nella sua carriera ci sono stati articoli tendenziosi non sono materia di questa commissione”.

“Bene, allora di cosa stiamo parlando?”

“Dunque qualcosa ci sarebbe” disse il vecchio togliendosi gli occhiali. “Ci sono ripetute violazioni della privacy in molte delle sue attività giornalistiche. Tre anni fa un cittadino che aveva provocato un incidente stradale venne citato in un suo articolo. Per colmare il trafiletto lei aggiunse che apparteneva ad una comunità religiosa particolare e sempre a scopo riempitivo, sostenne che la comunità religiosa era oggetto di attenzione da parte degli investigatori. Quello che non sa è che in seguito, dovuto al suo articolo, la posizione del soggetto all’interno della comunità religiosa si incrinò e sorsero incomprensioni tali che la stessa comunità decise di mandarlo via per proteggere il resto del gruppo ma soprattutto la sua immagine. La persona perse il suo posto e in seguito anche la moglie si separò per l’inclinazione che la vicenda aveva preso. Tutto era comunque cominciato con un articolo che violava la privacy della persona.” 

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“Mi appello al diritto di informazione, Signore!” Disse Roberto molto sicuro di sé ed oramai calato nella parte del Perry Mason. “Il diritto di informazione è un diritto che costituisce il fondamento di qualsiasi democrazia. Le persone devono sapere cosa accade intorno a loro. È parte del nuovo corso democratico che pian piano sta prendendo piede in ogni paese che pretende di scrivere il proprio nome nell’albo dei paesi civili e democratici.”

“Signor Rigamonti, si calmi”.