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Chiacchiere in ufficio (terza parte)
Del resto, già dal parrucchiere puoi avere tutti gli aggiornamenti che servono su cosa succede in paese” aggiunse ridendo.
“Penso che stiamo mancando il punto principale” disse finalmente Anna al completamento della sua consultazione veloce al web e della sua fetta di torta alla quale non era riuscita a sottrarsi.
“L’intimità (che è la traduzione italiana di privacy) è sì la parte intima dei rapporti, ma è anche la condizione di sentirsi liberi di parlare come uno fa a casa propria o con persone di sua fiducia. In aggiunta, nel concetto di intimo ci sono anche quelle parti, sensazioni e idee della persona, che come tu Luca hai tirato in ballo fanno parte della confessione. Il punto di questa intimità è come essa viene utilizzata. Facciamo l’esempio che il mio ministro di culto usi questi dati per indirizzarmi a sentirmi meglio, o che il mio medico usi questi dati per salvaguardare la mia salute. Questo non è materia di privacy. Se l’intento è quello di utilizzare i dati per il bene della persona invadere la sua privacy è lecito. Se l’intento non è volto all’interesse della persona, sapere i suoi dati più intimi costituisce un danno notevole. Il gestore della salumeria sotto casa mia sa che mi piace il lardo di colonnata e mi avvisa per farmi sapere quando arriverà. Lui, custode di una piccola e superficiale informazione la utilizza per farmi un favore, per il mio interesse. Questo suo infrangere la mia sfera di tranquillità è lecito e quasi piacevole. Ma se il venditore rampante di appartamenti è informato dal farmacista che tua moglie aspetta un figlio perché le ha venduto il kit per la maternità, e il venditore dopo poche ore dal test le propone un appartamento più grande per il nuovo arrivato, prima ancora che lei abbia avuto la possibilità di parlartene, la sfera di intimità è violata e anche la sua sensazione di libertà è violata.”
“Se io Piero guardassi le tue foto personali sul tuo pc senza la tua autorizzazione, per quanto tu possa essere un libro aperto, la cosa ti infastidirebbe, e questo renderebbe il tuo vivere in ufficio meno gradevole se fosse regola normale che le tue foto potessero essere viste da chiunque.”
“Beh mi arrabbierei molto”, disse Piero guardando lo schermo del suo computer e buttando quasi per caso l’occhio sulla cartella che conteneva le immagini, rendendosi conto in quel momento che non essendoci nessuna password, queste avrebbero potuto essere alla mercé di chiunque.